Il termine famiglia ricomposta è entrato nel lessico giuridico e psicologico per indicare un nuovo nucleo familiare che riunisce un uomo e una donna e figli nati da loro precedenti unioni.
La legge sul divorzio risale al 1974. In Italia, prima di allora, nella famiglia tradizionale solo in caso di vedovanza si poteva portare in casa un altro partner e far convivere figli e figliastri.
Sono passati quasi 50 anni ma, ancora oggi, la costituzione di una nuova famiglia è una realtà complessa, resa ancor più difficile da giudizi e pregiudizi, dovuti alla convinzione che le persone non siano in grado di attenersi alle decisioni prese o che violino giuramenti e sacramenti.
Divorziare e separarsi significa sperimentare due eventi emotivi luttuosi: la perdita di un compagno e la perdita di un modo di vita, di un progetto comune. La Scala che misura lo stress in termini di cambiamenti di vita – The Social Readjustment Rating scale di Holmes e Rahe – li elenca infatti tra gli eventi più stressanti che possano capitare nel corso della vita di una persona.
Dalle ceneri di una famiglia, può sorgere una nuova famiglia: quella ricomposta, appunto. La famiglia ricomposta è una nuova tipologia di famiglia che, sebbene diversa da quella tradizionale, mette in evidenza la vitalità dell’istituto familiare e la sua capacità di risorgere.
La famiglia ricomposta è un luogo dove si crede ancora nella famiglia intesa come condivisione di intimità, di spazi e di valori sulla base dei quali gli adulti possano dedicarsi all’accudimento dei figli e, perché no, all’accrescimento dei suoi membri con il concepimento di nuovi figli. La nuova famiglia, nonostante precedenti fallimenti e delusioni, permette di recuperare un senso di appartenenza e di solidarietà, fornisce una base sicura e un rifornimento emotivo ai suoi componenti. Di solito è portata avanti da persone che hanno sofferto e che, anche per questo, hanno raggiunto una maggiore maturità e consapevolezza di sé e dell’importanza di prestare attenzione alle esigenze dei suoi componenti, anche di quelle emotive.
È importante che gli adulti facciano della loro sofferenza un’esperienza di crescita e che non ricadano in errori del passato, sviluppando una maggiore consapevolezza dei propri bisogni, limiti, valori e aspettative. È importante chiedersi cosa si è appreso dalla relazione precedente? Ed essere consapevoli delle proprie emozioni, tenendole distinte da quelle dei figli.
Cosa è necessario elaborare, per riuscire a ricostruire un nucleo familiare sereno?
I sentimenti che la persona separata deve elaborare, ancor prima di ricostituire una nuova famiglia, sono molteplici. Ne elenco alcuni a titolo di esempio:
- restare ancorati emotivamente al precedente rapporto di coppia – È importante che le precedenti relazioni coniugali siano state adeguatamente rielaborate in modo da poter iniziare un nuovo rapporto, diverso da quello passato e non motivato da rancori, insicurezze, sensi di colpa o altri nodi relazionali non-risolti. Il rischio di andare incontro ad una seconda separazione, facendola subire nuovamente ai figli, è infatti molto alto. È fondamentale creare una nuova famiglia solo quando il rapporto può essere considerato solido e ci si conosce da tempo.
- senso di colpa – per ciò che si è fatto, per ciò che non si è fatto, per non poter garantire una famiglia normale al figlio, per aver deluso i propri genitori, le proprie aspettative, ecc.
- rabbia e collera – può essere utile capire che ciò che è successo può servire per crescere; che è importante accettare di poter fare degli errori, ammettere di essere imperfetti o che non dipende tutto da noi
- vergogna
- mancanza di fiducia
- negazione dei problemi
Capiamo bene quindi come la ricostituzione della famiglia possa essere soltanto un processo graduale, prudente, rispettoso del ritmo e dei tempi interni di ciascuno. Il fattore tempo è molto importante. Bisognerà saper attendere e tollerare le incertezze del primo periodo: all’inizio tutti devono trovare un nuovo adattamento!
Ci vorrà una sana ed alta motivazione negli adulti per ridisegnare un progetto così complesso, dove si mescolano due culture familiari in una sola casa e dove è necessario mettere insieme valori, abitudini, regole, stili di vita, modalità di relazione e miti, contemperando il vecchio con il nuovo.
Bisognerà riuscire a vedere le cose anche dal punto di vista degli altri. Per esempio, quello dei figli. Fino a quando, infatti, i figli – bambini o adolescenti – non avranno elaborato il loro lutto e trovato il loro spazio all’interno della nuova famiglia, potranno continuare a mettere alla prova gli adulti con provocazioni di vario genere.
I figli si trovano a dover fare i conti con cambiamenti che richiedono adattamenti dal punto di vista cognitivo ed emotivo. Sono bambini e ragazzi a cui chiediamo inizialmente di convivere con estranei. Soprattutto per i bambini più piccoli non è facile comprendere che la seconda moglie di papà è stata a sua volta sposata e ha già dei figli nati da un’altra precedente unione. Anche i nuovi rapporti di parentela possono presentare intrecci complessi, a volte incomprensibili (Chi è il vero nonno di chi? Siamo fratelli? Chi è cugino di chi?).
È importante dare loro la possibilità di esprimere le emozioni. Molti bambini o adolescenti non riescono a esternare il proprio disagio, lo tengono dentro di sé’ o lo esprimono in modo diverso dalle parole, per esempio con disegni o con giochi, in alcuni casi, con disturbi psicosomatici o depressivi.
Quali sono le emozioni con le quali si rapportano i figli in questa situazione?
- paura
- cambiamenti d’umore improvvisi, senza spiegazioni
- paura dell’abbandono
- senso di colpa
- conflitto di lealtà (Cosa penserà papà, se divento amico del fidanzato di mamma? A chi appartengo? Perché non riesco ad essere allegra quando sono con mamma? Faccio bene o faccio male a parlare di papà con la nonna? ecc.).
- gelosia
- vergogna
- depressione (per esempio, per fantasie di riunificazione non soddisfatte o reazioni all’infelicità del genitore)
Quali sono i bisogni dei figli di cui un genitore deve tener conto?
È fondamentale, in queste particolari circostanze, prendere in seria considerazione i loro bisogni di crescita. I figli devono
- sentirsi capiti e accettati per quello che sono, non solo quando non creano problemi. I figli, in sostanza, hanno bisogno di riceve un amore incondizionato da parte dei genitori biologici.
- ricevere attenzioni individualizzate. I genitori devono dedicare tempo di qualità ai figli: devono stare loro vicini, saper ascoltare, svolgere delle attività insieme.
- essere riconosciuti nella propria unicità. Quando ci sono altri fratelli, i genitori devono saper riconoscere le diversità, in funzione dell’età e delle esigenze specifiche di ogni figlio.
- percepire di trovarsi in una condizione familiare stabile. Gli adulti rappresentano punti di riferimento fondamentali per i figli, una base sicura. I genitori perciò devono essere presenti con coerenza, reperibili, disponibili. I figli hanno bisogno di almeno una relazione affettiva stabile che controbilanci gli eventi negativi con rassicurazioni e spiegazioni che restituiscano il senso della continuità dell’esserci.
Abbiamo parlato di divorzio e separazione come di eventi altamente stressanti per i membri della coppia. In forma diversa, lo sono anche per i bambini i quali presentano, come tutti, una soglia individuale oltre la quale l’accumulo di stress può creare loro disagio psicologico. Nella misura in cui si spostano dalla casa della madre a quella di padre è importante che possano sentirsi a casa propria in entrambi i luoghi. Entrambi i genitori dovrebbero dare loro regolarità, prepararli ai cambiamenti, ascoltarli quando necessario.
Il sentirsi accettati fa sì che si rivolgano all’adulto con fiducia. Inoltre, la loro autostima può dipendere anche dalla stima che gli adulti hanno di sé stessi. A volte, genitori depressi o con scarsa stima di sé tendono a sminuire i loro figli o ad aspettarsi troppo da loro, determinando in questi ultimi grandi fragilità emotive.
E il nuovo compagno/a di mamma o papà, chi è per i figli?
Il suo è un ruolo tutto da inventare, in un’unione dove l’essere arrivati dopo permette di svolgere una funzione che può essere molto costruttiva. Si tratta di una figura genitoriale che può essere di grande supporto, una persona di cui poter avere fiducia. Il suo ruolo nei confronti dei figli del compagno/a è quello di essere una persona con la quale si possono scambiare pareri, opinioni, informazioni.
Al di là dei genitori, ai figli servono altre figure di riferimento, persone di cui avere fiducia, che trasmettano insegnamenti e che siano di guida. Senza che si sentano giudicati. Questo è molto importante in particolare per gli adolescenti.
Presentarsi come una figura amica risulta meno minaccioso che subentrare nel ruolo di guida o di autorità. Bisogna dare ai figli del compagno/a il tempo di farsi conoscere, rispettare, facendo capire che non si vuole sostituire il genitore naturale. Per i bambini piccoli, in special modo quando il genitore biologico è assente, può essere considerato un genitore adottivo, ma non deve mai porsi al posto del genitore naturale.
Per i figli è fondamentale che i genitori possano essere ancora coppia genitoriale, seppur nella diversa condizione di separati. L’altro genitore non dovrà diventare un’ombra da esorcizzare, ma una presenza viva da accettare e, se possibile, valorizzare. Ognuno dovrà capire quale ruolo potrà ricoprire, in base alle esigenze della propria famiglia ricomposta.
Bibliografia essenziale
- A. Oliverio Ferraris, 1997, Il terzo genitore. Vivere con i figli dell’altro, Milano, Raffaello Cortina editore.
- A. Willans, 2001, Divorzio e separazione, Roma, Editori Riuniti.
- J. Juul, 2012, Un genitore in più. Vivere con un partner separato e i suoi figli, Milano, Urra – Feltrinelli editore.
(Psicologia in Tribunale, 27/10/2020)